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Yoga e il patto di corresponsabilità insegnante allievo

"E' proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un altra prospettiva".

John Keating

LE DIMENSIONI CURATIVE DELLO YOGA: CORPO E OLTRE...

I mestieri più difficili in assoluto sono nell’ordine il genitore, l’insegnante e lo psicologo. (Sigmund Freud)


Nel mondo dello yoga, si sente spesso usare l'espressione 'Lo yoga è come una medicina'. Invero secondo i principi ispiratori dello yoga degli inizi, lo yoga è prima di tutto un cammino di conoscenza volto a liberare l'uomo dalle catene fisiche ed emotive che lo condizionano nel quotidiano, per trovare o tornare al vero sè. Ma sta di fatto che uno dei primi esiti di questo percorso sia proprio la riscoperta della dimensione di cura di sè con effetto terarapeutico. Per cura si intende il ritrovo di una dimensione a misura personale, nella quale occuparsi del proprio benessere e delle proprie ferite fisiche ed emotive, ove lo scopo sia la guarigione intesa non come assoluta estinzione della sofferenza, ma come emancipazione dal suo condizionamento. Lo yoga ci invita a ritrovare una dimensione di convivenza sostenibile con tutte le parti che fanno parte dell'individuo, compreso il dolore e la malattia. L'effetto di questa ritrovata integrità (unione, giogo quale è il significato della parole 'yoga' in sanscrito) è il rafforzamento che favorisce il processo curativo della persona a tutti i livelli: fisico, emotivo e affettivo, psichico, mentale. Al risveglio del corpo (sensoriale ed energetico) con il lavoro fisico e risveglio della coscienza (consapevolezza ossia la capacità di essere presenti a sè stessi) a mezzo di concentrazione e respiro, i due capisaldi di questo percorso, se ne aggiunge un terzo: l'elemento relazionale.


LA DIMENSIONE RELAZIONALE NEL CAMMINO YOGICO

"Non ho mai insegnato ai miei allievi; ho solo cercato di fornire loro le condizioni in cui possono imparare" cit. Albert Einstein


La dimensione relazionale, viene spesso data per implicita nella pratica yoga, in realtà forse essa rappresenta il primo gradino dell'approccio allo yoga che in fondo altro non è che un cammino di crescita della persona nella relazione con le varie dimensioni di sè, di sè con l'altro, di sè con l'ambiente, di sè con il mondo. L'insegnante di yoga veicola l'approccio a tutte queste dimensioni 'passando' più o meno consapevolmente il proprio modo di vivere questa relazione. Per questo si potrebbe pensare che 'esistono tanti tipi di yoga quanti sono gli insegnanti' ma quindi qual'è l'elemento che li accumuna rispetto allo yoga stesso? La risposta è ancora una volta nei presupposti e nell'intenzionalità: un buon insegnamento è quello che riesce a 'far arrivare e sentire per assorbimento' l'intenzione oltre al proprio stile personale, per consentire all'allievo di scoprire cosa funziona per sè e come camminare nel proprio percorso di crescita. Il presupposto di questa comunicazione efficacie è la creazione di un ambiente relazionale in cui sentirsi al sicuro e per questo aprirsi all'ascolto. La percezione di questa sicurezza vuole un costante lavoro di calibrazione da parte dell'insegnante, di verifica, analisi e aggiustamento di lezione in lezione delle proprie modalità di conduzione della pratica yoga per creare.

LO SGUARDO DELL'INSEGNANTE DI YOGA

'Ogni allievo merita il tuo sguardo' cit. Insegnante di Fedelkrais


Tra prestazione fisica e ascolto, spesso si crea un conflitto interno alla classe di yoga e poichè non è sempre facile per l'insegnante mediare tra queste due istanze. Nonostante infatti lo yoga sia un cammino il cui la performance non è l'obiettivo, essa è comunque compresa come conseguenza della pratica e a seconda delle caratteristiche personali può più o meno rappresenta il mezzo di realizzazione del proprio Dharma, la vocazione personale. Solo nel compimento del proprio meglio infatti, il cammino si può realizzare. Condurre la pratica di yoga in una classe fortemente eterogenea come spesso capita, comporta un lavoro di costante adattamento da parte dell'insegnante, che nella difficoltà può rischiare di allontanare dal focus principale: trasmettere l'approccio yogico mantenendo nello sguardo e nella mente gli allievi.


LE PAROLE CHIAVE DI UNO SGUARDO YOGICO

"I migliori maestri sono quelli che ti indicano dove guardare, ma non ti dicono cosa vedere" cit. Alexandra K. Trenfor


Lo sguardo del maestro favorisce l'ingaggio degli allievi, dà loro conferma e li guida passo passo nella pratica facendoli sentire sostenuti e protagonisti del proprio cammino. Un cammino che ogni allievo deve trovare dentro di sè con il supporto discreto dell'insegnante che aiuta a creare un terreno favorevole alla crescita personale, ovunque l'allievo giudichi dove voglia che essa lo conduca. Proviamo a delineare insieme le caratteristiche di questo sguardo verso gli allievi di yoga, che si propone di essere:

  • necessario: ogni apprendimento umano passa necessariamento attraverlo una relazione e uno sguardo dell'insegnante, che per questo deve essere il più possibile consapevole;

  • discreto: rispettoso dello spazio personale, delle difese e delle fatiche dell'allievo, mai invasivo, nè giudicante;

  • complesso: multilivello poichè deve tenere conto di tutte le fasi della pratica, le dimensioni, della persona e le implicanze della relazione;

  • di spessore: ogni insegnante porta sul tappetino sé stesso e attraverso sé gli insegnamenti dei propri mentori, i quali a loro volta hanno veicolato quelli dei propri maestri proveniente da un’esperienza stratificata nel tempo e nelle generazioni;

  • capace di andare oltre: al dell’apparenza, di ciò che è evidente, per ascoltare ciò che è sotteso, implicito e

  • nella giusta distanza: dall'allievo secondo un ottimale punto di vista;

  • allenato a sentire: per riconoscere ma soprattutto rimanere con ciò che accade;

  • condiviso: parte di un cammino di esperienza che si respira insieme, assorbita più che propriamente insegnata. recettivo, empatico : uno sguardo quindi capace di arrivare all’altro senza essere invadente, indiscreto, giudicante e di farsi travolgere dalle emozioni; guida, accompagna, contiene, accoglie;

  • filtrato: dall'esperienza, ma non distaccato, per guidare, accompagnare, contenere, accogliere, tenere a mente l'allievo anticipando le necessità;

  • in costante connessione: con sè e con gli allievi, nelle risonanze che si amplificano nel gruppo declinandosi poi nel sentire soggettivo.


LA SOTTILE ALCHIMIA NELL'INSEGNAMENTO DELLO YOGA

"Ciò che l’insegnante è, è più importante di ciò che insegna" cit. Karl Menninger


Ci si chiederà come sia possibile per un insegnante di yoga giostrarsi tra tutte queste istanze. Ovviamente non è facile nè immediato, è un'affinamento che avviene di volta in volta, un delicato lavoro di preparazione e decompressione prima della lezione; di limatura, calibrazione, sensibilizzazione e verifica dopo la pratica. Il primo passo di questo processo è lavorare su di sè oltre che sulla pratica per armonizzare i residui emotivi lasciati dal quotidiano e le risonanze nella lezione stessa quando quest attivano l'insegnante o gli allievi. Un lavoro fondamentale perchè non ci sia contrasto tra intenzionalità e lo stile comunicativo, poichè ove questo si verifichi il comportamento rimane emotivamente più pregnante per gli allievi, annullando gli sforzi del primo. Un lavoro di scansione di ogni lezione critica, per analizzare, trovare soluzioni e riappacificarsi con il proprio vissuto e aggiungere un altro mattone nella propria esperienza. Un lavoro più efficace se svolto tra pari, per scambiarsi pareri e trovare nuove strategie soprattutto nella nostra realtà di isolamento attuale e nella deprivazione sensoriale e sociale dovuta alla pandemia, dove più che mai sentiamo l'esigenza di uno yoga dell'incontro. Fondamentale per l'insegnamento è la formazione permanente dell'insegnante, che con pazienza e soprattutto umiltà non smette mai di aggiornanarsi, mettersi in discussione e mantenere attivo il "seeking" (ricerca di nuove risorse e risposte).

"Ogni volta che diventi maestro in qualcosa, preoccupati di diventare allievo di qualcos'altro" cit. Michele Tampieri


L'INSEGNAMENTO YOGA ALLE ORIGINI

A questo punto viene spontaneo chiedersi come l'insegnamento dello yoga fosse in passato, visto che non vi è traccia documentata di una tale complessità di dinamiche relazionali. Lo Yoga Sutra di Patanjali parla di una pratica individuale come disciplina pura, poichè la relazione era implicita nei codici delle agenzie sociali ben definite presso le quali avveniva la pratica (es. concetrazione pre-combattimento per i guerrieri, in ashram, in monastero). I maestri della disciplina erano distinti in figure gerarchiche e in ruoli differenti (oacharia, guru, swami…) e varie erano le diadi e le relazioni possibili tra maestro e allievo (oacharia e brahmmacharia, guru e shishna…). L’aspetto relazionale era implicito nei codici delle negoziazioni permesse tra maestro e allievo (mutuo scambio di favori), oppure nelle regole comunitarie dell’ashram, del monastero, degli ambienti guerrieri.


PRATICARE YOGA DA ALLIEVO

"Non sforzarti di seguire le orme dei maestri, cerca ciò che essi cercavano" (Mao Tzu)


L'apprendimento della pratica yoga, è un processo che riflette tutti i passaggi della relazione di mentoring. L'imitazione e l'emulazione fanno parte dell'inizio di questo cammino, in cui ancora i contenuti sono tutti da scoprire e sperimentare. In queste prime fasi il ruolo di guida dell'insegnante è fondamentale ed è ciò che consente di mediare attraverso le difficoltà, di sentirsi guidati, accompagnati, accolti e di affidarsi aprendosi all'ascolto. In questa fase, l'allievo cerca un riferimento sicuro su cui contare per muovere i suoi primi passi.


PATTO DI CORRESPONSABILITA': Il PUNTO DI INCONTRO TRA INSEGNANTE E ALLIEVO

"Se non imparo nel modo in cui tu insegni, insegnami nel modo in cui imparo" cit. Harry Chasty


Creare un dialogo insegnante-allievo è importante per portare la pratica a portata della classe, in una zona di sviluppo prossimale: quel giusto mezzo tra sostenibilità e costante stimolazione e ricerca del nuovo. Ovviamente questo comporta un lavoro di adattamento dell'insegnamento rispetto alla casse e un'interazione, non sempre facili da gestire se entrambe le parti rimangono troppo rigide sulle proprie posizioni e accampano pretese una verso l'altra. Non è deltutto facile cogliere questo punto di contatto nel dialogo, che può essere diverso da caso a caso. A volte l'allievo necessita di essere spronato e la fermezza dell'insegnante gli consente di fare quel passo in avanti che altrimenti non farebbe, altre volte invece mantenere alta la richiesta comporta dall'altra parte una rinuncia; viceversa abbassare l'asticella viene incontro ad alcuni ma sottostimola altri. Sicuramente ogni pratica va studiata in base alla classe e resa scalabile in modo che ogni allievo possa scegliere la variazione che fa più per lui, ma anche in questo caso possono crearsi tensioni sommerse tra allievi che si confrontano l'un l'altro guardandosi durante la pratica. Armonizzare tutti questi fattori è un'arte che implica il rispetto dei ruoli reciproci, comporta fiducia nel percorso e negli insegnamenti. Rimanere nel confine del proprio ruolo è fondamentale, anche se non sempre facile, per consentire la formazione di un solido equilibrio nella classe. Mantenere un clima yogico nella sala yoga è responsabilità dell'insegnante, quanto invece della propria crescita personale ogni allievo risponde solo a sè stesso; creare i presupposti, fornire gli strumenti e preparare un terreno favorevole al cammino di ognuno è compito del maestro, ma solo ad ogni allievo per sè stesso sta trarne sviluppo e crescita personale.


L'EMANCIPAZIONE EMOTIVA DELL'ALLIEVO

"Il buon insegnante è quello che si rende progressivamente superfluo" cit. Thomas Carruthers


Man mano che il mentoring procede e che i lavoro della pratica si interiorizza, l'allievo è sempre più in grado di camminare in autonomia, arrivando a svolgere un lavoro personale secondo le risorse individuali scoperte man mano. Questo passaggio è molto delicato, poichè presuppone un'emancipazione emotiva cui non sempre l'allievo è pronto, nonostante abbia compiuto il suo cammino di apprendimento. Questa emancipazione, comprende sia il rapporto con l'insegnante che il confronto con la classe e gli altri compagni. L'adesività al modello di insegnamento e a quello che fanno i compagni di corso, diminuisce man mano con l'interiorizzazione della pratica fino a scomparire quando il lavoro è diventato personale e profondo su di sè. Esistono poi vari stili di insegnamento, tra questi quelli che tendono ad un rapporto più devozionale tra allievo ed insegnante rendono pià difficile l'emancipazione del praticante vista talvolta come controproducente; viceversa all'estremo opposto, a volte la contestazione di un allievo che discutee la guida e la proposta del maestro, possono mettere alla prova l'insegnamento nella classe se emergono atteggiamenti provocatori e oppositivi. Il confine rimane sempre quello del rispetto reciproco e soprattutto del mantenimento di un clima sano ed equilibrato durante la lezione, a beneficio della maggioranza degli allievi, senza perdere di vista le specificità.


L'APICE DEL PROCESSO DI APPRENDIMENTO PER MAESTRO E ALLLIEVO

"Se insegni, insegna anche a dubitare di ciò che insegni" cit. José Ortega y Gasset - "Il più bel regalo che si possa fare ad uno studente è il dubbio" cit. Orporick


Un paradosso zen ci insegna che il dubbio è ciò che ci rende più vicini di ogni altra cosa alla verità, poichè le certezze sono spesso frutto di un racconto della mente, creato su misura per abbassare il livello della nostra frustrazione. Il paradosso ci insegna che è più utile porsi domande che raccogliere certezze, poichè il dubbio ci mantiene in una condizione di ricerca continua che ci avvicina alla verità più di certezze che possono scaturire da convinzioni mentali. Riconoscere la differenza tra realtà emotiva e convinzioni mentali è un passaggio cruciale nella crescita della yogica. Questa consapevolezza è quella che segna il vero salto di livello nella pratica ma anche nella vita, non perchè la condizione di dubbio sia auspicabile in sè, ma perchè desiderabile è riuscire non solo ad ammettere ma anche a sostenere di essere nell'errore, nell'incertezza, nella paura e nelle nostre zone d'ombra, senza che questo offuschi la nostra capacità di giudizio. Rimanendo nella lucidità, attiviamo risorse, ci mettiamo in discussione e in dialogo, possiamo cercare soluzioni. In sostanza il dubbio è desiderabile come condizione di ricerca continua, poichè è ciò che ci fa rimanere costantemente in cammino, in crescita, al lavoro. Viceversa quando ci sentiamo arrivati e ci fermiamo pensando di avere la verità in mano, allora cadiamo. Non è per nulla facile accogliere questa prospettiva, che comporta sforzo, pazienza, umiltà e contravviene all'immagine dello status desiderabile socialmente nella nostra cultura attuale, soprattutto per quanto riguarda i rapporti non paritari. In realtà, fondamentale da parte dell'insegnante è sostenere il dubbio e il seeking in maniera assertiva, riuscendo a stare nell'incertezza della soluzione, senza minare la sicurezza emotiva personale propria e altri.


a cura di Elena De Donato

Filosofia, Psicopedagogia, Insegnante e formatrice Yoga 0-90, Special needs, Trauma informed e High sensitivity Yoga®️

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Università degli studi di Milano, Yoga Ratna metodo Gabriella Cella, Yoga Gravidanza e post partum metodo Yoga in fascia®️, Yoga for the Special Child©️, GiocaYoga®️, Somatic Competence®️Yoga Teacher, High Sensitive Yoga Persone Altamente Sensibili HSP Italia™️, Docente unica Master Giocayoga®️Care bambini speciali AIYB, Docente unica ‘Nascita speciale: yoga cesareo, presentazione podalica, prematurità per la Specializzazione post Formazione Yoga in fascia®️


BIBLIOGRAFIA

. Donna Farhi - 'Insegno yoga. La relazione con gli allievi. Il potere delle parole. Le riflessioni etiche' - collana Le vie del Dharma - ed. BIS

. Gregory Bateson - Verso una ecologia della mente – 1977 - ed. Adelphi

. P. d. Ouspensky - ‘What is Yoga?’ - 2005 . http://accademiayoga.org/10-comandamenti-dellinsegnante-di-yoga/


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